Voglio rassicurare tutti gli amici-clienti: Alessandri25 non utilizzerà mai come ingredienti gli insetti e/o le loro le farine per i quali l’Unione Europea sta concedendo, con sospetta rapidità, autorizzazioni alla loro produzione, commercializzazione ed in generale al loro impiego come sostanze alimentari.
Al di là dei problemi di sicurezza alimentare, che nella migliore delle ipotesi mettono gli insetti sul piano dei crostacei a loro volta indicati tra gli allergeni, ciò che mi spinge a questa decisione è una scelta di campo.
Parto dal presupposto che le principali argomentazioni su cui si basano i sostenitori dell’utilizzazione degli insetti e delle loro farine sono:
a) il minore impatto ambientale soprattutto in termini di Co2;
b) il loro elevato apporto proteico che, con costi risibili, li rendono una valida alternativa ad altre fonti proteiche molto più dispendiose per l’ambiente e l’economia e quindi una risposta efficace ai problemi di deficit alimentare specie dei Paesi in via di sviluppo;
c) il fatto che moltissime popolazioni già a livello mondiale consumino insetti e che essi, come la cocciniglia o la vespa del fico (la Blastophaga psenes indispensabile alla sua impollinazione) siano già entrati da tempo immemorabile nella nostra alimentazione.
Tutte queste argomentazioni, in realtà, sono facilmente contrastabili.
Quanto al presunto minore impatto ambientale è facile osservare che non risultano al momento allevamenti d’insetti su larga scala né a maggior ragione misurazioni dell’impronta Co2 di eventuali essiccatori e molitori di farine d’insetti: non si comprende, quindi, su quali basi e quali criteri sia stato enucleato questo giudizio positivo.
La realtà è che mentre si moltiplicano i tentativi di industrializzazione del cibo, di cui le farine d’insetti rappresentano l’ultima frontiera assieme al cibo sintetico, si perdono, per favorire l’agricoltura industrializzata, centinaia di alimenti come le erbe spontanee, ritenute a torto infestanti, e ogni giorno, con la standardizzazione del cibo, si riduce la base commestibile di ciò che la natura mette a nostra disposizione. Alimenti un tempo popolari ed a bassissimo impatto ambientale non possono essere più coltivati o raccolti perché i loro costi, al cospetto di un mercato che privilegia la produzione industriale e la commercializzazione su larghissima scala, non sono più sostenibili dai piccoli e medi agricoltori strangolati dalle multinazionali del cibo.
L’approccio dell’aumento della produzione di cibo per far fronte al deficit alimentare dei Paesi in via di sviluppo è quantomeno ingannevole: l’Occidente produce già un surplus di cibo che, nella maggior parte dei casi, viene sprecato e continua a depredare di terra e di altre risorse i Paesi in via di sviluppo il cui deficit alimentare è in gran parte attribuibile alle politiche internazionali predatorie delle terre e delle risorse naturali di questi Paesi.
Pensare di risolvere i loro problemi alimentari riversando tonnellate di farine d’insetti invece di promuovere e finanziare in quei Paesi progetti di agricoltura sostenibile è una scelta politica la cui matrice potete individuare da soli.
Quanto al fatto che gl’insetti siano storicamente già parte dell’alimentazione umana gli esempi che si sono fatti sono fuorvianti. Il rapporto simbiotico tra il fico e la Blastophaga psenes (vespa del fico) è un processo naturale al pari dell’alimentazione a base d’insetti da parte di alcuni pesci o altri animali che noi consumiamo normalmente. Se una gallina si nutre anche di vermi e mangio una gallina non sto, materialmente, mangiando il verme che ha nutrito la gallina.
Per quanto riguarda la cocciniglia utilizzata come colorante alimentare (che dall’arabo al-qirmiz chiamiamo Alkermes, il liquore delle nostre nonne) si tratta di un fenomeno quantitativamente risibile e di bassissimo impatto alimentare.
La realtà è che sia l’ebraismo sia l’Islam considerano immondo il consumo d’insetti giustamente correlati all’idea d’infestazione degli alimenti e che la comune percezione di tali animali a contatto col cibo genera un istintivo ribrezzo ed è percepita come pericolosa per la salute tant’è che la stessa Unione europea ha vietato il consumo del formaggio «casu martzu», un prodotto tradizionale che nel corso della sua maturazione viene infestato dalle larve della mosca casearia.
Infestanti che spesso si trovano nelle spezie ed in altri alimenti prodotti in Paesi a ridotta sorveglianza sanitaria oppure nelle farine, specie di produzione industriale a lunghissima scadenza, e che ora, o a breve, vedranno spalancate le porte riducendo sensibilmente il livello di tutela dei consumatori.
Si è detto che il consumo di questi nuovi alimenti sarà presumibilmente limitato e che comunque il loro impiego verrà reso trasparente nelle etichette.
La realtà, ma è una mia opinione personale, è che sdoganare gl’insetti come alimento rappresenta l’avamposto per un nuovo approccio al cibo.
Un cibo che si fabbrica negli stabilimenti industriali, non si coltiva, né si alleva, che non si trasforma artigianalmente.
Un cibo completamente svincolato dal territorio, dalla terra, dalle tradizioni.
Un cibo disumano e disumanizzato, completamente privo d’identità e di cultura.
L’esatto opposto dell’approccio su cui si fonda Alessandri25 e che faticosamente vuole portare avanti.