Da qualche tempo, affascinato dalla tradizione culinaria degli ebrei italiani, sto proponendo le Buricche e molti mi chiedono cosa siano e soprattutto da dove arrivino.
Le Buricche sono dei fagottini di pasta farciti, secondo la tradizione, con carne, formaggi o verdure e che, come spesso accade, hanno diversa origine e diverse versioni.
Semplificando al massimo, in Italia ve ne sono di due tipi che differiscono dall’impasto.
Il primo, della tradizione askenazita e quindi degli ebrei dell’Europa centrale, è sostanzialmente una brisée tradizionale con il burro e l’acqua, ma in origine prevedeva, al posto del burro, grasso d’oca e di vitello, acqua e grappa e una volta farcito viene spennellato con uovo sbattuto.
Il secondo, della tradizione sefardita e quindi degli ebrei cacciati dalla Spagna e rifugiatisi in massima parte nell’Impero Ottomano, è invece fatto con farina, acqua e olio di semi o d’oliva e sale, anch’esso, una volta farcito, spennellato con uovo sbattuto, ma decorato talvolta anche con semi di sesamo.
Gli ebrei italiani, che secondo studi recenti costituirebbero ormai un gruppo a parte non ricollegabile direttamente né agli askenaziti, né ai sefarditi, hanno adottato in massima parte, come nelle Buricche ferraresi, l’impasto con grasso animale, mentre per lunghissimo tempo le Buricche sono rimaste sconosciute, o quantomeno non sono entrate stabilmente, nella cucina degli ebrei di Roma e delle comunità ebraiche del Sud.
Nel 1917 però un violento incendio di origine misteriosa distrusse gran parte della città vecchia di Salonicco colpendo in modo particolare la comunità ebraica, di origine sefardita, la quale interpretò l’incendio come avvisaglia di un pogrom e si decise ad emigrare.
Una parte degli ebrei di Salonicco cercò rifugio a Napoli e fu accolta dagli ebrei napoletani, ma le difficoltà non dovettero essere poche visto oltretutto che nessuno di loro parlava l’Italiano e il judezmo, la lingua parlata prevalentemente dagli ebrei sefarditi, era allora praticamente sconosciuto a Napoli.
A fare da mediatore culturale fu, ancora una volta, il cibo, agevolato dalla comune appartenenza alla cucina mediterranea alla cui cultura si ascrive anche la cucina turca e quindi quella sefardita sviluppatasi sotto l’Impero Ottomano.
Le donne ebree emigrate da Salonicco insegnarono allora alle loro sorelle napoletane le Buricche della tradizione turco-sefardita e condivisero con loro una parte della loro storia e della loro cultura facilitate dalla naturale vocazione all’accoglienza del popolo napoletano.
Le Buricche che si fanno a Napoli quindi sono sostanzialmente, senza fare il verso al celebre film di Totò, turco-napoletane ed io le ho adottate sia perché sono attratto da tutto ciò che si prepara con una base di olio extravergine d’oliva sia perché mi è sembrato doveroso rendere omaggio ad una bella storia di accoglienza e d’integrazione.
Ve le propongo con ripieni che, anche se talvolta si discostano dalla tradizione ebraica, mi sembrano adatti e di stagione e se qualcuno ne conosce altri sarò ben lieto di condividerli.