C’è la Milano che si esibisce: quella degli affari, del fatturato, delle apericene, del ritmo frenetico, del milanese imbruttito e c’è la Milano intima, pudica, che chi non è milanese può solo intuire nelle sere di nebbia sui Navigli.
Alla prima Milano appartengono i ristoranti alla moda, la cucina internazionale, alla seconda le trattorie e i rostin negàa che a Sant’Ambrogio, la festa milanese più sentita, non possono mancare sulle tavole dei vecchi milanesi, di quelli d’adozione e di quelli di affezione come me.

I rostin negàà rappresentano il completo rovesciamento dell’immagine pubblica, dei luoghi comuni perché, e basta solo questo per capire quanto sono spiazzanti, richiedono tempo in cucina, tantissimo tempo.

Chi segue Alessandri25 sa che la carne di vitella, che è l’ingrediente base dei rostin negàa, non appartiene al suo sentire, ma per una volta occorre fare un’eccezione, piegarsi alla tradizione perché è un piatto prelibato, che ha una storia ricca e sui rostin negàà si può convenire con Giovanni Danzi: Milan l’è on gran Milan